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Controllo delle zanzare in Italia

Dalla prima epidemia da arbovirosi in Italia ad oggi, si analizza l’evoluzione dei piani di lotta alle zanzare potenziali vettori di malattie tropicali, considerando anche gli effetti del cambiamento climatico

Nel mese di agosto del 2007 si verificò una “strana” epidemia che determinava fortissimi dolori articolari nelle persone colpite nelle due località tra loro adiacenti di Castiglione di Cervia e Castiglione di Ravenna. In una prima fase venne stimata come una forte influenza estiva dal medico che seguiva le due frazioni. Ma, a seguito di una telefonata da parte di un residente al Servizio Igiene Pubblica, l’evidenza che ci si trovasse di fronte ad un evento del tutto anomalo determinò la creazione di una task force per fronteggiare quella che si rivelò essere la prima epidemia da malattia tropicale nella fascia temperata del pianeta. Il virologo Gianni Rezza dell’Istituto Superiore di Sanità identificò il virus responsabile dell’epidemia come Chikungunya, un arbovirus trasmesso dalle punture di zanzare di origine tropicale, principalmente Aedes aegypti e Aedes albopictus (zanzara tigre).

Venne individuato il paziente zero che aveva dato origine all’epidemia a seguito di un viaggio nel territorio indiano del Kerala, dove era stato punto da una zanzara infetta. Le conseguenze di questo evento si concretizzarono in 205 persone colpite tra luglio e settembre 2007, momento in cui si interruppe l’epidemia in seguito alla massiccia campagna di disinfestazione messa in atto in tutto il territorio colpito, unitamente alla consapevolezza che la zanzara tigre non poteva più essere considerata solo una presenza fastidiosa, ma che era necessario mettere in atto strategie di prevenzione e contenimento per scongiurare il più possibile che si verificassero nuovamente eventi simili. Nel tempo si sono verificate altre situazioni simili sul territorio italiano (Anzio e Roma nel 2017 per giungere a quella più recente accaduta a Fano nel 2024).

Piano Regionale di Sorveglianza in E. Romagna

La regione Emilia-Romagna, a seguito di quell’evento, ha sviluppato strategie volte alla riduzione di questi rischi, ad iniziare dall’emanazione di Ordinanze sindacali di obbligo di esecuzione di trattamenti antilarvali a carico dei privati, monitoraggio delle zanzare vettrici di arbovirosi, Piani di lotta su suolo pubblico, controlli di qualità nell’esecuzione dei trattamenti antilarvali, monitoraggi sulla presenza delle zanzare adulte. I Piani Regionali già presenti si sono quindi perfettamente integrati nel Piano Nazionale di Sorveglianza e Controllo delle Arbovirosi (PNA) emanato nel 2019. Il Piano Regionale della Regione Emilia-Romagna prevede diverse tipologie di azioni.

Innanzitutto, i monitoraggi invernali ed estivi sulla presenza di Aedes albopictus (zanzara tigre), effettuati tramite posa di ovitrappole che sfruttano la predilezione di queste zanzare a deporre le uova all’interno di contenitori scuri, che in qualche modo risultano essere simili ai loro focolai elettivi nei luoghi d’origine del sud-est asiatico; da circa metà ottobre fino al mese di maggio viene attivato il monitoraggio invernale tramite la posa di 110 ovitrappole in 10 comuni. I dati che ne sono tratti permettono di verificare sia il termine di attività delle zanzare adulte, sia il loro inizio di attività in primavera, e la conseguente durata del periodo di assenza invernale della zanzara tigre, provando che questo intervallo invernale, a causa dei cambiamenti climatici, ha di anno in anno sempre minore durata.  Da maggio a settembre vengono posate 755 ovitrappole in tutti i capoluoghi di provincia della regione. I dati raccolti permettono di valutare la densità delle zanzare adulte sul territorio e, in caso sia necessario, danno il via ad altre azioni di monitoraggio e controllo.

Sono poi previsti trattamenti antilarvali nelle tombinature pubbliche: il Piano in Emilia-Romagna indica di eseguire almeno 5 cicli di interventi. Il Comune di Ravenna ne esegue 8 da aprile ad ottobre. Il prodotto antilarvale utilizzato nel territorio ravennate è a base di PDMS, olio siliconico, che viene erogato con speciali attrezzature in grado di essere associate a sistemi di geolocalizzazione di ogni singola erogazione eseguita e di tarare con la massima precisione il prodotto erogato. La geolocalizzazione delle erogazioni, espressamente richiesta dal Piano Regionale, permette verifiche della copertura dei territori in tempo reale. Il Piano prescrive poi dei controlli di qualità e verifica di efficacia dei trattamenti larvicidi nella tombinatura pubblica: essi vengono eseguiti dal Centro Agricoltura e Ambiente Nicoli di Crevalcore che redige report dei risultati dei controlli. La tolleranza massima di caditoie infestate è del 5% rispetto ai tombini controllati.

La lotta adulticida, a causa del forte impatto ambientale, viene configurata dal Piano Regionale quale sola misura emergenziale e non metodo di lotta di tipo ordinario. L’efficacia di questi trattamenti è, comunque, di brevissima durata in caso non vi sia un contenimento larvale. La lotta adulticida viene quindi autorizzata solo nei seguenti casi: quando esistono comprovati motivi di ordine sanitario, cioè, conferma di casi di arbovirosi o emergenze da West Nile Virus (si sono resi necessari anche a seguito degli straordinari fenomeni alluvionali del 2023); nelle località costiere in prossimità di zone umide qualora le trappole di monitoraggio delle zanzare adulte mostrino superamenti della soglia di tolleranza; in ambito privato a seguito di invio di comunicazione preventiva agli enti preposti e solo da parte di privati che eseguano correttamente i protocolli antilarvali. La richiesta può stimolare verifiche da parte degli organi di controllo: l’uso di impianti automatici deve essere denunciato preventivamente agli enti e la regione esprime con chiarezza quali prodotti non possono essere utilizzati in questi impianti.

Carla Gasparini, consigliera nazionale AIDPI

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