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Il segreto della motivazione

L’obiettivo per una gestione ottimale del lavoro è far sì che i collaboratori non lavorino per voi ma con voi. Questo significa dover trasformare collaboratori non sempre motivati e appassionati in colleghi produttivi e coinvolti

di Davide Gabrielli

Si dice che le aziende migliori siano quelle composte dalle persone migliori e più motivate. Spesso, tuttavia, presumiamo che il livello di motivazione dei nostri collaboratori sia ottimale, rischiando di ignorare possibili perdite di potenza della nostra organizzazione. Infatti, tutti noi in un’azienda abbiamo un ruolo chiaro che serve a mettere in pratica un pezzo del progetto strategico di differenziazione sul mercato. Ognuno avrà un obiettivo – appunto -, più o meno faticoso, che necessiterà un grande impegno e una grande coerenza. Alla fine dell’anno la somma di tutti questi lavori genererà il risultato finale, quindi se sarà positivo vorrà dire che tutti hanno fatto al meglio la loro parte se sarà negativo vorrà dire che così non è stato. Credo che per imparare a fare il proprio lavoro al meglio ci voglia estrema concentrazione e attenzione, energie finalizzate a cercare un metodo nuovo e porre l’attenzione su dettagli che magari prima erano ininfluenti.

La motivazione come la benzina per il motore
Nella mia vita professionale, ma non solo, ho avuto a che fare con tanti progetti e tante sfide, dove la motivazione è sempre stata la benzina per il motore. Ho imparato quindi che non è più importante avere un motore grande e potente se non abbiamo la benzina per farlo funzionare. Ho poi imparato che per assimilare un’informazione nuova o un comportamento nuovo è necessario ripeterlo più volte, digerirlo e farlo diventare metodo. Un processo faticoso, che necessita appunto molta concentrazione e motivazione. A scuola per insegnarci a scrivere ci facevano compilare pagine intere con la lettera A, poi con la lettera B fino a che non riuscivamo ad associare a quel simbolo in giusto significato e riprodurlo nel modo corretto. Nello sport la prima cosa che si insegna sono i fondamentali, con ore e ore di esercizi sempre uguali che servono ad assimilare le basi su cui si struttura quella disciplina. Per superare queste fatiche ci vuole motivazione e passione. È molto raro trovare dei collaboratori che siano appassionati del proprio lavoro, un po’ perché il loro lavoro spesso è l’applicazione di un nostro sogno e non di un loro, un po’ perché il sistema accademico attuale mette in condizione le persone di sognare un lavoro per un decennio, attraverso una facoltà universitaria molto specifica, dove si impara un linguaggio, e ci si innamora di un mondo. È solo dopo la festa di laurea, inviando a tutti il proprio curriculum vitae si scopre che per quel ruolo non c’è lavoro e quindi bisogna accontentarsi. È molto probabile quindi che la motivazione principale di questo collaboratore sia estrinseca, ossia legata al fattore economico (faccio questo lavoro perché guadagno dei soldi) e non intrinseca dove invece la passione la fa da padrone.
È quindi necessario lavorare su questi aspetti per trasformare collaboratori poco motivati e appassionati in collaboratori più produttivi e coinvolti. Per farlo prima di tutto vi consiglio di “raccontare” loro il vostro progetto e sogno, ricordate che non basta tenerlo nel vostro cassetto o ancora peggio nella vostra testa affinché sia capito e applicato dai vostri collaboratori. Dovete imparare a raccontarlo, con entusiasmo e passione, perché solo cosi “contagerete” le persone che lavorano nella vostra azienda e piano piano si trasformerà il livello di rapporto e non lavoreranno più PER VOI, ma CON VOI nel cercare di concretizzare un difficile progetto di differenziazione.
Non basta farlo una volta, come non è bastato a scuola o nello sport, bisogna farlo più volte sempre con entusiasmo e magari con approcci, strumenti, esempi e modalità diverse. Per voi il progetto è chiaro per loro no, soprattutto perché non conoscono la storia e l’origine di quel pensiero.

Lavorare sugli incentivi
Per accendere la motivazione è necessario anche lavorare sugli incentivi, che consiglio di non legare solo alla quantità. Infatti, molte volte si danno incentivi o premi sui risultati a prescindere da come vengano generati. Vi consiglio invece di costruire un piano di incentivazione qualitativo, strutturato su micro elementi o obiettivi che se eseguiti in modo eccellente, permetterebbero
all’organizzazione di fare un passo avanti verso il progetto. Se per esempio la profilazione del cliente nel punto vendita è un’azione importante per permettervi di avere delle informazioni su cui poter creare sviluppo commerciale, allora mettete un incentivo su quell’azione, e quindi in modo oggettivo monitorate le schede di profilazione rispetto ai clienti gestiti. Se invece un elemento importante per il vostro progetto è la marginalità, mettere un premio sulla limitazione degli sconti, se lo è sulla crescita di un segmento di prodotti lo metterete su quello e così via. Ricordate che tutti noi siamo progettati per concentrarci su dei progetti specifici, e quindi il fatto di avere un premio importante su un’azione, non fa altro che amplificare la nostra attenzione nei confronti di quel progetto, facendoci porre attenzione ai dettagli e quindi aumentando in modo verticale la probabilità di successo. Dopo un anno che ci concentriamo su quel comportamento e su quel metodo, ormai l’abbiamo assimilato e sarà diventato automatico. E quindi l’anno successivo non sarà più necessario premiarlo in quanto avremo già aumentato le qualità in quell’area e dovremo mettere la “posta” su un altro elemento importante per lo sviluppo del progetto.
Quindi per fare un esempio, se per vincere il campionato con il modulo che abbiamo in testa dovremo fare tanti gol di testa, dovremo dare gli incentivi all’attaccante solo sui gol di testa, perché solo così sarà motivato ad allenarsi di più per sviluppare una sua importante area di miglioramento. Quando diventerà bravo su questo aspetto e farà tanti gol, ormai avrà assimilato le qualità, e quindi il premio le legheremo ad un’altra tecnica, magari il gol su punizione ecc. Ricordate siamo tutti animali, e dobbiamo imparare dagli animali. Infatti è affascinante vedere come apprende un cane, e per farlo ha sempre bisogno di associare il comportamento corretto al premio, ma solo fino a quando ha metabolizzato quell’associazione e quell’ordine.
La stessa cosa la fa il topolino negli esperimenti di apprendimento. Quando mettono il formaggio
in un punto lui associa un percorso e impara molto velocemente. Ma solo perché c’è il formaggio quella è la sua motivazione. Allora signori non aspettiamoci che tutti i nostri collaboratori siano fin da subito appassionati del nostro lavoro e del nostro progetto come lo siamo noi, (sarebbero degli imprenditori e quindi dei concorrenti se così fosse non dei collaboratori), ma impariamo attraverso un corretto processo di incentivazione e motivazione a concentrarli al massimo sul nostro progetto, che se applicato con precisione e costanza ci permetterà di distinguerci sul mercato e di conseguenza generare valore, che è l’unico vero obiettivo per la nostra azienda.

Chi è
Davide Gabrielli si occupa di pianificazione strategica e marketing dal 1994. È socio di uno studio
di formazione e consulenza aziendale che supporta nello sviluppo molte aziende sia produttive che commerciali.
www.studiodavidegabrielli.com

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