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Settore carta Tissue, un futuro da ridisegnare

I rincari e l’attuale situazione geopolitica hanno provocato una frenata del trend positivo del passato. Per evitare che l’impennata dei costi metta a rischio la produzione, il comparto della carta Tissue chiede al Governo interventi strutturali e di portata strategica

di Maurizio Pedrini

Abbiamo interpellato Guido Pasquini, presidente del settore che, all’interno di Assocarta, raggruppa le aziende produttrici di Tissue e carta ad uso igienico-sanitario, per raccogliere il suo parere sui dati di mercato che indicano un’inversione di tendenza rispetto al trend positivo degli anni scorsi.

Qual è attualmente la consistenza in termini di rappresentanza, del comparto dei produttori di carte tissue e per l’igiene professionale all’interno di Assocarta?

“Assocarta copre tutte le tipologie di carta e quella che si dedica agli usi sanitari, in termini di metri quadri è assai importante, ma sotto il profilo delle tonnellate, ovvero nei termini che contano, è una delle più ridotte come quantitativo. L’annata 2021, dal punto di vista della quantità della carta prodotta in assoluto, è stata senz’altro una delle migliori dal periodo pre crisi del 2008, quando il crollo della banca Lehman Brothers Holdings generò lo sconquasso dell’economia mondiale, con il conseguente crollo della carta per la stampa, la grafica e anche di quella indirizzata al nostro settore. Il buon andamento del comparto, in generale, è determinato dall’esplosione del fenomeno dell’imballaggio connesso all’e-commerce, con una grandissima produzione di scatole di cartone per imballaggio. Mentre per quanto riguarda la nostra nicchia di carta igienico sanitaria, dopo anni di trend positivo, in cui andava tutto per il meglio, abbiamo dovuto registrare – nostro malgrado – un crollo del 3,6% della produzione rispetto al 2020. Peraltro sull’indice lusinghiero di quest’ultimo anno con il segno più, andrebbe fatta una riflessione perché siamo stati tutti a casa ed abbiamo consumato molta più carta a casa e molto meno nell’ambito horeca. Ma per quanto concerne la pulizia del settore domestico, indubbiamente vi è stato un vero e proprio boom. Perciò va detto che nel 2020, nella produzione, vi era stato uno spostamento di volumi verso la cosiddetta pulizia civile e domestica, ai danni dei consumi extra domestici”.

Dunque il 2021 ha evidenziato segnali che indicano forse una frenata rispetto al trend positivo del passato?

“Il primo problema che si è evidenziato lo scorso anno è stato un riallineamento rispetto ai volumi precedenti, però con una sostanziale e assai preoccupante differenza: il calo della produzione del 3,6% è pari  alla mancata esportazione. Ovvero tutta la minor produzione registrata è dovuta all’estero che ha acquistato meno rispetto all’anno passato. Così è avvenuto che i fabbricanti italiani hanno prodotto il doppio di quanto fosse necessario al Paese, dimostrando così la nostra dipendenza dall’estero in termini di volumi d’affari. Un esame che, a mio parere, induce ad una seria riflessione sull’attuale identità produttiva del nostro sistema Paese, anche perché rispecchia la condizione critica di tanti altri comparti che, fino a ieri, godevano di ottima salute e oggi guardano al futuro con incertezza e grande preoccupazione”.

Il trend negativo è destinato a crescere per ragioni congiunturali profonde, basti pensare al prezzo del gas…

“Certamente, per capire i motivi profondi di questi trend divergenti occorre osservare il prezzo del gas, che in Italia ed Europa è in continua ascesa dall’estate 2020 e non mostra segni di rallentamento, principalmente a causa del rimbalzo economico globale post-Covid e di questioni geopolitiche fuori dal controllo delle imprese e dei consumatori. Basti pensare che rispetto al minimo del 2020, il prezzo del gas – con cui l’Italia soddisfa ancora oggi, tramite import, il 40% della domanda energetica – è oggi 17 volte superiore. Insomma, le materie prime, l’energia e il gas sono al massimo storico e alcune cartiere hanno già sospeso o stanno valutando la sospensione momentanea della produzione”.

Costi insostenibili delle materie prime e della bolletta energetica, guerra in Ucraina ed altro ancora, stanno quindi mettendo a serio rischio la stessa produzione?

“A metà ottobre dell’anno scorso, qui a Lucca, si era tenuta la settimana dedicata all’industria della carta e dei macchinari per la produzione della stessa: allora nella mia relazione avevo sostenuto che per noi produttori il futuro appariva decisamente a tinte fosche perché già c’era stata l’impennata del 60-70% della materia prima, mentre era appena partita l’escalation del costo degli energivori, col prezzo di gas ed energia elettrica che cominciava ad impazzire. Fenomeni che purtroppo, in questi mesi e direi anche in futuro, sono destinati a proseguire senza freni. Poi, come ben sappiamo, si è innescata la guerra con le sanzioni economiche e la paura ha pervaso produttori e consumatori”.

Come sta reagendo l’intero settore a questa complessa situazione?

“Il nostro settore in questo periodo è stato costretto ad una difficile e faticosa politica di rincorsa sui prezzi di vendita al mercato. A fronte di costi in costante aumento, si è sempre cercato di incrementare i prezzi con tutta la ponderazione possibile, ma per prima la grande distribuzione è stata assai restia a concedere aumenti perché possedeva dei contratti ben definiti e per noi non era il caso di invocare la causa di forza maggiore per contestarne il contenuto e gli impegni. Infatti, la mutata situazione era dettata da un contesto internazionale, non da fatti specifici che potevano essere citati per giustificare le nostre richieste. Tutti i legali da noi interpellati e intervenuti anche ai nostri convegni ci mettevano infatti in guardia, dissuadendoci dall’intraprendere questa strada”.

Quindi una rincorsa continua che, almeno a breve termine, sembra veramente complicata…

“In effetti, la situazione è proprio questa: stiamo faticosamente portando a casa qualche contenuto aumento di prezzo che, purtroppo, non è minimamente sufficiente e ripagare il dilagante aumento dei costi di gestione che siamo obbligati a sostenere. Così, sta venendo a mancare l’ossigeno per poter sopravvivere e guardare con fiducia allo sviluppo futuro. Gli aumenti non sono affatto sufficienti a ripagare questa incredibile impennata, tanto è vero che per effetto dell’inflazione e del disastroso aumento dei costi, soprattutto nel periodo tra marzo e aprile, tante cartiere si sono fermate per periodi da una settimana a dieci giorni, approfittando del periodo di Pasqua per fare “ponti” di una certa lunghezza, partendo dal nefasto presupposto che, più produci, più vai in perdita”.

Quali sono le vostre richieste immediate al Governo e quali aspettative riponete, in particolare nel PNRR?

“La nostra più pressante richiesta a Palazzo Chigi è che si predispongano interventi strutturali e di portata strategica, non semplici palliativi come quelli ai quali abbiamo assistito finora. Quanto al PNRR va detto chiaramente che, a fronte dei fenomeni che si sono palesati nell’arco dell’anno, con l’impennata dei costi delle materie prime e dell’energia, con la guerra in Ucraina e con tutto ciò che ancora non sappiamo, a cui andremo incontro nei prossimi mesi, purtroppo gli obiettivi e le aspettative andranno completamente ritirate perché tutto era partito due anni fa, quando vivevano la condizione di un’economia stabile, ormai consolidata che sembrava poterci portare tranquillamente portare alla decarbonizzazione e alla transizione energetica verso la sostenibilità ambientale, ma senza tutti gli altri problemi che languivano. Con l’esplosione dei costi energetici e di tutti i materiali che alimentano le nostre aziende, credo che il futuro, non solo del nostro comparto produttivo, ma dell’intero Paese, vada ridisegnato, in termini soprattutto di risparmio energetico, modificando l’approccio psicologico delle giovani generazioni e di un’intera società che ancora non sembra voler fare i conti con questa nuova, pesante e del tutto inedita condizione”.

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