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I servizi industriali nel sistema europeo

I programmi della presidenza italiana al vertice dell’Associazione europea che riunisce le imprese del cleaning e del facility. A colloquio con il manager, presidente di ANIP Confindustria e della Federazione Confindustria Servizi Hcfs, eletto alla guida di Efci (European cleaning and facility services industry) per un biennio

Lorenzo Mattioli, presidente di ANIP Confindustria e della Federazione Confindustria Servizi Hcfs, guiderà per il prossimo biennio Efci (European cleaning and facility services industry), l’Associazione europea con sede a Bruxelles che riunisce le imprese del cleaning e del facility. Efci raccoglie 14 associazioni d’impresa europee, rappresentando oltre 4 milioni di lavoratori e circa 300mila imprese. Si tratta senz’altro di un importante riconoscimento per Mattioli, che con Anip Confindustria ha avviato il progetto di rappresentanza dei servizi in Italia ampliato con Confindustria Servizi Hcfs, ed ora attraverso la federazione europea Efci.

Possiamo tracciare un quadro d’insieme dell’associazione e del settore delle imprese di servizi in Europa, anche fornendo qualche interessante dato economico? Qual è lo stato di salute del comparto?

“Per meglio delineare il comparto del cleaning e del Facility services l’Efci ha realizzato un Trend Report che considera l’evoluzione del settore nell’ultimo ventennio. Questo report mostra che il settore ha registrato una crescita impressionante in questo arco di tempo: il fatturato è triplicato a 130 miliardi di euro e l’occupazione arrivata a c.ca 4,2 milioni di addetti, è aumentata dell’80%, performance che è in parte spiegata dalla capacità di diversificazione delle attività del settore delle 297.000 aziende coinvolte (è possibile consultare il Trend Report sul sito efci.eu).”

Quali sono le priorità che si è dato nei due anni in cui resterà al vertice?

“Intendo operare prevalentemente affinché si comprenda e valuti ancora più correttamente il ruolo e il peso dei servizi industriali nel sistema europeo, implementando l’attività di lobby presso le Istituzioni europee, affinché il mondo dei servizi industriali possa essere compreso al meglio. Ciò aiuterebbe sicuramente una migliore comprensione del settore anche all’interno dei singoli Stati membri; per dare avvio ad una serrata interlocuzione con il Parlamento europeo su tutte le questioni ora in discussione, quali quelle sul salario minimo, sul public procurement, soprattutto in considerazione delle modifiche che verranno attuate in merito al Codice dei Contratti Pubblici e delle concessioni; il tema attualissimo della revisione dei prezzi negli appalti pubblici, quale conseguenza dell’aumento dei costi delle materie prime; il PNRR; le iniziative che mirino a far comprendere il valore delle aziende dei servizi e una maggiore conoscenza delle stesse; intendo migliorare e implementare l’attività di comunicazione e promozione, soprattutto in questo periodo di emergenza e al fine di supportare le aziende associate; infine per incrementare il dialogo e i momenti di condivisione dei temi tra le singole Associazioni membri Efci, in modo che possa essere ristabilito quello spirito associativo che sembra essere stato un po’ perso, sarebbe importante stabilire un calendario di riunioni itineranti tra tutti gli Stati Membri.”

Qual è la “lezione” più importante che la Pandemia ha lasciato al settore delle imprese di pulizia?

“La crisi sanitaria dovuta alla Pandemia ha dimostrato che questa filiera dei servizi non è più una semplice commodity, ma una macchina operosa ad alta professionalità, con milioni di addetti che si prendono cura delle nostre città, degli spazi dove viviamo e lavoriamo e spesso delle stesse persone che costituiscono le nostre comunità. È da qui che vorrei partire. Vorrei che la mia presidenza fosse una grande occasione anche per il settore italiano che rappresenta 600mila lavoratori. Le imprese dei servizi e tutti gli addetti impiegati, in maggioranza donne, garantiscono la ripartenza in Europa e in Italia.”

È fiducioso sul futuro del settore? A quali condizioni le premesse ottimistiche di crescita potranno essere mantenute?

“La nuova stagione della pulizia, dopo l’esperienza del Covid-19 dovrà vedere ancor più protagonista il comparto dei servizi di pulizia e multiservizi: bisognerà far ben comprendere alle istituzioni, all’opinione pubblica e alle controparti che le prestazioni dei professionisti dell’igiene e della sicurezza hanno un costo. Le stazioni appaltanti dovranno smetterla di privilegiare le ditte che offrono di meno, in una rincorsa al massimo ribasso destinata, purtroppo, ad avvantaggiare il lavoro nero, un problema – quello della concorrenza sleale – particolarmente grave per le nostre aziende. Dobbiamo sentirci tutti impegnati a un nuovo “racconto” del mercato del cleaning, che sia narrato da imprese sempre più professionalizzate, che possa contare sul dialogo sociale, sul riconoscimento di un adeguato salario minimo per i lavoratori. Le buone premesse ci sono tutte: siamo riusciti a rinnovare un Contratto Collettivo Nazionale che era scaduto da ben otto anni. Senza contare che il GPP detta nuove regole sostenibili in materia di pulizie e igiene agli appalti pubblici, che vanno assolutamente rispettate, perché il tema della transizione ecologica, affrontato anche dal PNRR, è davvero fondamentale per quanti, come noi, erogano servizi di elevato valore ecologico. Vanno previste nuove politiche di lobby in ambito europeo, sia verso le istituzioni dell’Unione Europea, non solo per dare pieno riconoscimento alle imprese del cleaning e del facility operanti nel Vecchio Continente, ma anche per tutelare meglio gli interessi nazionali. Basti pensare che l’Italia non aveva una presidenza nell’ambito associativo europeo di settore da venticinque anni. Altro aspetto essenziale da trattare al più presto, che rappresenta peraltro uno dei sei punti cardine del PNRR, è quello dell’inclusione, con l’obiettivo preciso di eliminare al più presto le barriere d’ingresso al mondo del lavoro: la situazione, per certi aspetti, è drammatica. Il nostro è un mondo ancora troppo poco appetibile per i giovani in cerca di occupazione, per aspetti motivazionali, di scarso riconoscimento sociale, retributivi, ma anche perché scarseggiano percorsi adeguati di formazione degli addetti ai vari livelli”.

Maurizio Pedrini 

 

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