Materie prime, l’Europa guarda all’economia circolare
L’obiettivo strategico è quello di ridurre la dipendenza dai Paesi terzi, in particolare per le materie prime ritenute strategiche. L’UE intende investire soprattutto in ricerca e sviluppo, con una visione di estrazione sostenibile nei propri Paesi, valorizzando al massimo il recupero di materiali preziosi dai rifiuti
Nel marzo 2024 il Consiglio Europeo ha assunto un’importante decisione, ricca di ripercussioni sul futuro del Vecchio Continente. La massima istituzione che definisce le priorità e gli orientamenti politici generali dell’Unione Europea ha infatti adottato il regolamento europeo sulle materie prime critiche, in quanto si prevede un aumento esponenziale della domanda di terre rare nei prossimi anni. Il regolamento si pone alcuni precisi obiettivi: aumentare e diversificare l’approvvigionamento di materie prime critiche dell’UE; rafforzare la circolarità, compreso il riciclaggio; sostenere la ricerca e l’innovazione in materia di efficienza delle risorse e sviluppo di sostituti. Le nuove norme rafforzeranno inoltre l’autonomia strategica dell’Europa.
Le materie prime critiche
Per materie prime si intendono i metalli, i minerali e i materiali naturali che, come ben sappiamo, sono parti integranti e indispensabili della nostra vita quotidiana. Tra di esse, quelle che rivestono un particolare rilievo dal punto di vista economico e che presentano un elevato rischio di approvvigionamento sono definite “materie prime critiche”. Si tratta di elementi essenziali per il funzionamento e l’integrità di vari ecosistemi industriali. La Commissione UE ha individuato 34 materie prime critiche rientranti, a pieno titolo, in alcuni ambiti considerati particolarmente strategici per il funzionamento e l’integrità di una vasta gamma di ecosistemi industriali. Alcuni settori rivestono una straordinaria rilevanza strategica per gli obiettivi dell’UE in materia di energie rinnovabili, spazio e difesa. A partire dalle 34 materie prime critiche così individuate è stato successivamente stilato uno specifico elenco delle cosiddette materie prime strategiche, per le quali si ipotizza nei prossimi anni una crescita esponenziale in termini di approvvigionamento in quanto, trattandosi del frutto di produzioni complesse, sono esposte ad un rischio maggiormente elevato di problemi di rifornimento e accesso alle stesse.
Le tecnologie più vulnerabili
Dalle valutazioni del Centro Comune di Ricerca (Joint Research Centre – JRC), emergono cinque tecnologie in particolare che, per l’Europa, mostrano una forte vulnerabilità lungo tutta la supply chain: batterie; pannelli fotovoltaici; archiviazione di dati e server; smartphone, tablet e laptop; droni. Considerando le più recenti quotazioni delle materie prime critiche, emergono due trend: nel lungo termine, un deciso aumento dei prezzi rispetto al periodo pre-Covid; nel breve termine un quadro più eterogeneo, dove alcune quotazioni si stabilizzano mentre altre (come quella del rame) proseguono la loro crescita. Ma dall’analisi decisamente preoccupante della situazione, vediamo come in concreto l’UE sta agendo per cercare di invertire la tendenza. Proprio al fine di ridurre la dipendenza dai Paesi terzi per l’accesso alla materie prime rare, l’Unione Europea ha fissato importanti obiettivi per il 2030. Uno di questi, la diversificazione delle importazioni dell’UE per ridurre le dipendenze strategiche: almeno il 10% del consumo annuo dell’UE dovrà provenire da estrazioni all’interno di essa. Inoltre si punterà sul riciclaggio interno: almeno il 25% del consumo annuo dell’UE dovrà provenire da esso. A questo scopo l’Unione Europea intensificherà le misure commerciali, tra cui: un club per le materie prime critiche che riunisca tutti i Paesi pronti a rafforzare le catene di approvvigionamento globale; il rafforzamento dell’Organizzazione Mondiale del commercio; l’espansione della sua rete di accordi di agevolazione degli investimenti e di accordi di libero scambio; una maggiore attenzione all’applicazione delle norme per combattere gli accordi commerciali sleali. L’Unione Europea intende investire soprattutto in ricerca e sviluppo, con una visione di estrazione sostenibile nei propri Paesi, valorizzando al massimo il recupero di materiali preziosi dai rifiuti. Un modo per ridurre, almeno parzialmente, la dipendenza dalle complesse dinamiche dei mercati globali delle materie prime critiche sta nella valorizzazione della propria “miniera urbana” di rifiuti tecnologici. Secondo un recente rapporto ERION, la corretta e completa gestione, orientata al riciclo, invece che allo smaltimento, delle apparecchiature elettriche ed elettroniche post consumo dei RAEE, può diventare una vera “miniera”, nella logica della transizione all’economia circolare. Secondo i dati contenuti nel rapporto, a fronte dell’immissione nel mercato di oltre 900.000 tonnellate all’anno di apparecchiature elettriche e elettroniche, sono raccolte in modo differenziato poco più di 350.000 tonnellate all’anno di RAEE, ovvero il 40%, rispetto ad un obiettivo europeo del 65%. Di queste, va a riciclo l’89%. Con gli investimenti e le scelte politiche giuste, i materiali riciclati potrebbero essere molti di più, riducendo il nostro consumo di materie primarie.
Maurizio Pedrini