Plastica. Mai più senza
La plastica è entrata a far parte della nostra vita in quantità tali da diventare un problema serio per l'ambiente
di Cristina Cardinali
La plastica è un materiale che non scompare mai, si frammenta solo in pezzi più piccoli. E così oggi si producono 396 milioni di tonnellate di plastica all’anno, 53 kg per ogni abitante del Pianeta. Solo poco più del 20% della plastica è stato riciclato o incenerito, molta ha terminato la propria vita in mare. Già oggi, nei mari sono presenti oltre 150 milioni di tonnellate di plastica. Uccelli, pesci, balene, tartarughe: un milione e mezzo di animali, ogni anno, sono vittime di rifiuti di plastica scaricati negli oceani. Il Mediterraneo, con la sua elevata biodiversità è infatti uno degli ecosistemi più minacciati al mondo dalle microplastiche. Sono 134 le specie tra pesci, uccelli, tartarughe e mammiferi marini che nel Mediterraneo sono vittime dell’ingestione di plastica. Sui fondali marini del Mare Nostrum sono stati rilevati livelli di microplastiche più elevati mai registrati, fino a 1,9 milioni di frammenti su una superficie di un solo metro quadrato.
Se in forma micro o nano, le plastiche non creano problemi di intrappolamento o soffocamento, ma se ingerite possono comportare anche l’assunzione di virus, batteri e contaminanti tossici da parte degli organismi marini. Questa plastica raggiunge anche noi: ingeriamo in media cinque grammi di plastica a settimana, l’equivalente di una carta di credito. Con quali risvolti per la nostra salute?
Effetti sugli esseri umani
I prodotti plastici contengono diversi tipi di sostanze chimiche, a seconda della tipologia. L’aggiunta di additivi ne migliora le proprietà meccaniche, tuttavia ciò ha i suoi effetti collaterali. In particolare, alcune delle sostanze chimiche possono essere nocive per l’uomo per assorbimento cutaneo, causando dermatiti a contatto con la pelle, anche se presenti in tracce, rendendole pericolose anche per i lavoratori addetti alla loro produzione. Inoltre gli effetti sull’organismo umano di molte di queste sostanze non sono ancora conosciuti.
Possibili soluzioni
Senza interventi urgenti il problema è destinato a peggiorare: se non si interromperà lo sversamento dei rifiuti di plastica, entro il 2050 negli oceani ci saranno più plastiche che pesci. La soluzione è anzitutto impedire che questi rifiuti entrino nei fiumi e in mare. Un obiettivo che potrebbe essere raggiunto migliorando i sistemi di gestione dei rifiuti e di riciclaggio attraverso una progettazione che tenga conto della breve vita del packaging usa e getta e una minor produzione di quella plastica monouso della quale si potrebbe fare a meno.
Politiche di riduzione dell’inquinamento da plastica
Con lo scopo di limitare la diffusione di rifiuti di natura plastica, il governo italiano ha vietato dal 1 gennaio 2019 la produzione e la vendita di cotton fioc non biodegradabili e le microplastiche nei cosmetici dal 1 gennaio 2020. Secondo la Plastic strategy della Commissione Europea, entro il 2030 tutti gli imballaggi di plastica dovranno essere riciclabili o riutilizzabili e la messa al bando delle microplastiche dovrà ritenersi definitiva. In diversi paesi si è deciso di introdurre una speciale tassa sulla plastica (plastic tax) al fine di ridurre all’origine la produzione e l’utilizzo degli imballaggi in plastica non riciclabile e di limitarne così la diffusione, incentivando le aziende a considerare forme diverse di imballaggio dei propri prodotti, aumentandone il costo di produzione mediante l’applicazione di una imposta.
L’Unione Europea è al lavoro su un accordo con il governo indiano per mettere in piedi un trattato globale contro l’inquinamento causato dai rifiuti in plastica. Ma per varare un trattato internazionale che vincoli dal punto di vista legale i Paesi firmatari affinché si impegnino a bloccare i flussi di rifiuti in plastica che stanno invadendo gli oceani e le riserve naturali del pianeta, serve il sostegno di altri partner. A cominciare da quelli che, attualmente, contribuiscono di più a questo tipo di inquinamento. E tra questi c’è proprio l’India, che ad oggi è il terzo Paese al mondo con il maggior volume di emissioni di CO2 dietro solo a Cina e Stati Uniti.