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Nel 2019 il settore è cresciuto ancora!

Commentiamo l’indagine sul fatturato 2019 del comparto con il presidente di Afidamp Giuseppe Riello, che, dal suo privilegiato osservatorio, traccia un bilancio confortante del settore

Maurizio Pedrini

Quale quadro complessivo del professional cleaning italiano emerge dall’analisi condotta dagli esperti?

“Direi senz’altro positiva. Abbiamo deciso di rivolgerci ad una società esterna, Cerved On, per avvalorare ulteriormente l’indagine, in modo che essa non fosse creata solo dall’associazione, ma avesse una certificazione in grado di darle maggiore peso. Ne è emerso un quadro che, a mio parere, offre uno spaccato autorevole e importante del nostro comparto. Certo, è ancora migliorabile sul piano metodologico, perché in futuro bisognerà identificare bene il volume degli affari espresso dalle aziende. Bisogna infatti tenere presente che alcune società non hanno qui in Italia la loro sede produttiva, ma solo quella commerciale. Si tratta di un aspetto che crea qualche problema nella valutazione complessiva, da cui però emerge un dato di fatto inconfutabile: nel 2019 il settore era ancora in crescita”. 

 Veniamo agli aspetti più interessanti messi in luce dall’indagine: quali sono, a suo parere?

“Bisogna tener conto di come la stranezza di questa pandemia abbia generato maggiore attenzione sulla pulizia in generale, quindi anche in relazione all’utilizzo più ponderato e corretto di tutte le tipologie di prodotti rivolti al settore del professional cleaning. Per assurdo, quando andremo ad esaminare i bilanci del 2020, noteremo probabilmente che, nonostante il lockdown, le chiusure e tutte le difficoltà nel produrre, il comparto ha tenuto bene, presidiando le posizioni conseguite negli ultimi anni. Non solo, in alcuni ambiti si è assistito ad un trend in crescita: basti pensare al segmento chimico, dove se da un lato vi è stata – in Italia come in Europa – una forte riduzione dei consumi nell’Horeca, negli hotel, nei ristoranti e nei bar, dall’altro c’è stato un aumento enorme da parte dei privati nell’impiego di prodotti chimici, con un balzo considerevole nel volume d’affari delle aziende produttrici. Altri come il settore della carta, hanno invece risentito maggiormente degli effetti negativi della pandemia: ovviamente il settore Horeca è stato il più colpito in termini di riduzioni, ma quello delle macchine ha vissuto una fase positiva. I fabbricanti si sono resi conto della necessità di avere una pulizia certificata e ancora più professionale rispetto al passato, ed hanno saputo mettere a punto nuove macchine capaci di sanificare perfettamente le superfici. Insomma, complessivamente il settore ha viaggiato bene”.

I produttori hanno dato un’altra prova della creatività del made in Italy, di fronte a un’emergenza così grave e imprevista?

“Certamente. In questo sforzo sono stati favoriti dalla principale peculiarità delle aziende italiane, rappresentata dalle dimensioni medio-piccole, in grado perciò di operare con maggiore flessibilità, facendo leva su una grande capacità d’inventiva. Non si contano i nuovi prodotti specifici per la sanificazione e l’igienizzazione degli ambienti nati in questo periodo: spruzzatori, sanificatori e tutto il settore del vapore, considerevolmente cresciuto perché in grado di sanificare molto bene. Sono emersi alla ribalta prodotti che prima erano sottovalutati e considerati di riserva. Vi è stato, in sostanza, un cambio di rotta dei prodotti commercialmente apprezzati e venduti, non solo in Italia ma anche all’estero. Un peso significativo nel mercato, per quanto riguarda il nostro Paese, è stato assunto dagli istituti pubblici, in particolare dalle scuole. Queste ultime hanno potuto contare di specifici finanziamenti per sanificare e migliorare le condizioni igieniche dei locali: molte hanno investito risorse, come mai era avvenuto prima, per acquistare macchinari e prodotti specifici per la pulizia. Ciò ha determinato un’enorme impennata del fatturato italiano rispetto al passato”.

Oltre alle macchine, che da sempre contano maggiormente in termini numerici, ormai da anni sono apparsi sulla scena i produttori di carta, il cui peso specifico è aumentato progressivamente. Un valore confermato anche dall’indagine 2019?

“Il settore della carta, al pari di quello chimico, raggruppa aziende molto grosse, che realizzano volumi d’affari importanti. Come le dicevo, la flessione di fatturato nella nicchia produttiva che fa riferimento al cleaning professionale è stata minima, dovuta al calo delle vendite Horeca. L’intero comparto, sotto il profilo associativo, fa riferimento ad Assocarta di Confindustria, così come il chimico generico conferisce in Federchimica. Sono due comparti assai importanti e, di conseguenza, li stiamo valorizzando anche dal punto di vista associativo. Nel consiglio direttivo di Afidamp sono presenti rappresentanti di entrambi. Più in generale, stiamo cercando di allargare l’associazione, ampliandone il raggio d’azione per farla crescere. Un aspetto che fa ben sperare è stato il rientro dei rivenditori, che in precedenza facevano riferimento ad AfidampCOM. Così la nostra è diventata un’unica, grande associazione, rappresentativa dell’intero comparto. Senza contare che abbiamo avviato presenze e alleanze di tutto rilievo con altre associazioni che hanno a cuore la cultura del pulito, come l’Associazione Italiana Cuochi”.

Dal  2019 al 2020: che report si aspetta sul difficile anno appena trascorso?

“Sono convinto che anche lo scorso anno il nostro settore abbia tenuto bene sul mercato, maturando in chiusura positivi risultati. Certo, le aziende stanno vivendo le incertezze dell’economia mondiale, il che rappresenta un aspetto non trascurabile, considerando che il made in Italy esporta il 70-80% della produzione, ma abbiamo tante carte da giocare. Speriamo che nei prossimi mesi giungano seri segnali di ripresa, senza ulteriori battute d’arresto che avrebbero negative ripercussioni. L’ottimismo è d’obbligo, per marciare dritti verso un periodo migliore rispetto a quello che abbiamo vssuto”.

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