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Il Processo di Gestione della Sicurezza

La gestione della sicurezza sul lavoro nell’ambito delle organizzazioni, quale che sia la loro struttura e il settore merceologico, dovrebbe poter mettere contemporaneamente sotto controllo tutte le componenti che fanno parte del “sistema” aziendale, tra cui ambienti, macchine, sostanze e anche il fattore umano

Ogni realtà che desideri realmente applicare quanto previsto dalla vigente normativa in tema di salute e sicurezza sul lavoro, dovrebbe adottare un approccio innovativo e manageriale alla gestione della sicurezza che, soprattutto, consenta la verifica oggettiva dei risultati ottenuti. Se analizzassimo in modo esaustivo, facendo riferimento alla più ampia platea possibile realtà organizzative, la dinamica dei singoli eventi incidentali occorsi negli anni applicando i principi della root causes analysis (albero delle cause), quello che troveremmo è che nella stragrande maggioranza dei casi la causa effettiva dell’infortunio è l’interazione lavoratore/attrezzatura/ciclo di lavoro.

Qualsiasi processo di gestione, quindi, non può prescindere dalla necessità di garantire un ambiente di lavoro sicuro e adeguate condizioni operative ma, nello stesso tempo, deve adoperarsi affinché ogni lavoratore sia attore protagonista del sistema sicurezza aziendale. Infatti, se da una parte appare evidente che, al fine di ridurre il ripetersi degli eventi incidentali, è necessario agire sulla sicurezza di macchine, ambienti di lavoro e organizzazione dei processi produttivi, dall’altra è fondamentale realizzare interventi che tendano a neutralizzare o a ridurre al minimo il verificarsi di comportamenti caratterizzati da inosservanza di norme operative o regolamentari, o dal porre in essere comportamenti non conformi alle comuni pratiche di sicurezza. Promuovere comportamenti sicuri sul luogo di lavoro, rappresenta una parte critica della gestione della salute e della sicurezza, perché è il comportamento che trasforma in realtà, attuandoli, sistemi e procedure. Ma questo può avere successo solo in contesti che non presentino condizioni di “errori latenti” che, prima o poi, potrebbero mandare in crisi il sistema.

Behavior-Based Safety e la Behavioral Safety 2.0 (H.O.P.)
Negli ultimi anni si è molto accentuata la sensibilità delle organizzazioni verso il Fattore Umano. Oltre agli ambiti classici dell’ergonomia (intesa nell’accezione più generale, dallo studio della postazione e dei processi lavorativi alla valutazione e progettazione del benessere e delle performance in tutti i campi dell’attività umana), una particolare attenzione è stata rivolta al ruolo centrale degli operatori nella promozione e consolidamento della tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. In particolare, uno degli ambiti caratterizzati dal maggiore interesse, è stata la Behavioral Safety o Behavior-Based Safety (B-BS).

Nella dinamica attuale, si sta sviluppando una modalità diversa di concepire la sicurezza, una sorta di Safety 2.0 che, dal settore aeronautico in cui è stata sviluppata ed è attualmente applicata, si sta via via estendendo anche a diverse realtà industriali che hanno compreso l’efficacia di questa modalità di gestione della sicurezza, denominata Human and Organisational Performance (HOP).

Classificazione dell’Errore Umano
Todd Conklin, Sidney Dekker, James Reason ed altri, hanno in epoca recente rivisitato i presupposti delle teorie basate sul “fattore umano” quale origine degli incidenti, partendo dal presupposto che tutti (anche i migliori) possono sbagliare e, quindi, il diagramma di ripartizione delle cause, si modifica evidenziando come sia prevalentemente il “sistema” a indurre in errore nella maggior parte dei casi. Da notare, infatti, che il “fattore umano” comprende anche i comportamenti dovuti a condizioni psico-fisiche e ambientali negative.

Per quanto esistano diverse classificazioni dei differenti tipi di errore umano e delle cause che li determinano, l’eziologia di un comportamento errato è riconducibile generalmente a disattenzione, eccessiva disinvoltura, inadeguata preparazione, condizioni psico-fisiche negativamente predisponenti (stress fisico, psicologico ecc.), pressioni esterne contrarie al corretto comportamento, condizioni ambientali sfavorevoli. L’errore attivo (ovvero quello compiuto dall’uomo), è subito individuabile perché se ne percepiscono immediatamente gli effetti. Questo comportamento, tuttavia, può essere il risultato di errori individuabili in una sfera diversa da quella direttamente operativa. Infatti, potrebbero essere errori manageriali, regolamentari oppure organizzativi. Per questo tipo di errori, la potenzialità di produrre un incidente rimane generalmente “latente” nel contesto organizzativo dell’attività produttiva, fino a quando altri fattori concomitanti e contemporanei non ne provocano l’attivazione e propagazione all’interno della catena di gestione, superando le barriere di sicurezza. Attraverso l’applicazione dei principi della Root Causes Analysis, è possibile individuare le cause profonde che possono portare all’errore umano/organizzativo. 

Lo Swiss-Chease Model
Sul perché accadono gli incidenti ed i disastri nelle organizzazioni, sono stati sviluppati diversi modelli esplicativi ed elaborate molte teorie differenti. Secondo la teoria comportamentista proposta con la B-BS, l’applicazione di specifiche tecniche di coinvolgimento e inclusione partecipativa dei lavoratori, consente di condizionarne i comportamenti di sicurezza sul lavoro, al fine di ridurre l’influenza della componente legata all’errore umano nella dinamica della maggior parte degli eventi incidentali.

L’Human and Organizational Performance, invece, parte dal presupposto che gli incidenti non accadono soltanto per i motivi già esposti o per la violazione delle norme e delle procedure esistenti in un’organizzazione, ma, talvolta, derivano proprio dalle stesse norme e procedure operative che, se ambigue o inadatte, possono favorire la generazione di errori e incidenti in un contesto caratterizzato da una gestione organizzativa non efficace. Per definire le modalità attraverso le quali si genera un incidente, Reason ne ha proposto una rappresentazione curiosa, nota come “Swiss Cheese Model”. Gli incidenti, secondo il modello dell’errore organizzativo, sono causati da precise motivazioni, aspettative, piani e modalità di ragionamento, che insieme costituiscono i precursori degli accadimenti che, a loro volta sono dovuti a particolari condizioni ambientali e psicologiche che, in linea di principio, si trovano sotto il diretto controllo della gestione aziendale e quindi risolvibili con precise indicazioni o suggerimenti. L’organizzazione della filiera produttiva, costituita da settori che operano in concatenazione successiva, viene immaginata come una serie di fette di formaggio svizzero in ognuna delle quali possono essere presenti i caratteristici buchi che rappresentano le condizioni di errore attivo o latente. Le condizioni di errore attivo sono rappresentate come buchi fluttuanti nella fetta: essi appaiono e scompaiono, spesso non producono nessuna conseguenza, altre volte conducono all’incidente mancato (near-miss accident). In alcuni casi, il contemporaneo verificarsi di specifiche condizioni avverse a livello di sistema organizzativo complessivo, può causare il fallimento di tutte le difese e quindi portare all’incidente.

È dunque ai fattori latenti di natura organizzativa che, insieme al comunque necessario intervento per il coinvolgimento e sensibilizzazione delle maestranze sull’adozione di comportamenti sicuri, occorre guardare per comprendere la genesi di un incidente e per migliorare la resilienza di un sistema. Più un sistema contiene fattori critici latenti, maggiore è la possibilità che un errore umano attivi un evento incidentale. Gli individui sono soltanto gli eredi dei difetti del sistema e la sola azione sul radicamento di comportamenti di sicurezza non è sufficiente a evitare gli incidenti. Infatti, considerati i problemi insiti all’interno dell’organizzazione, nessuno può avere una performance di sicurezza migliore di quella che l’organizzazione di cui è parte gli consente di avere.

Applicare l’HOP, significa accettare che gli incidenti non sono (soltanto) generati da cause e fallimenti tecnici o umani, ma dalla interazione di più componenti: tecnologiche, umane, organizzative, in relazione tra loro e interconnesse anche con l’ambiente in cui si opera. Se lo scopo è quello di migliorare le condizioni di sicurezza e ridurre le situazioni di rischio, occorre rimuovere sia i fattori latenti sia le criticità presenti a ogni livello dell’organizzazione, sia attivare iniziative efficaci al fine di ottenere l’adozione spontanea di comportamenti sicuri da parte di tutti membri dell’organizzazione, elevando la sicurezza a valore condiviso e riconosciuto come presupposto fondamentale per una corretta gestione operativa. L’azione mirata vero il solo Fattore Umano, di fatto, non elimina le condizioni di pericolo derivanti dagli errori latenti e, quindi, non assicura che un evento occorso non possa ripetersi in futuro.

fonte: www.safetymanagement.online

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