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Oli minerali: un rischio ancora poco conosciuto

Sul tema è stato recentemente pubblicato un parere EFSA che porterà probabilmente a una evoluzione normativa riguardo a questa frazione chimica in grado di contaminare gli alimenti

È uscito in settembre il parere EFSA, l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare, aggiornato, sugli oli minerali, che ha riacceso l’attenzione su una delle possibili fonti di contaminazione chimica degli alimenti. Gli oli minerali rappresentano una frazione chimica derivata dalla raffinazione del petrolio (per distillazione, estrazione, conversione chimica) o di prodotti sintetici provenienti dalla liquefazione del carbone, da petrolio greggio, da carbone, gas naturale o biomasse. Vengono commercializzati con diverse denominazioni commerciali, come ad esempio paraffine liquide, paraffine, cere microcristalline, cere paraffiniche, olio minerale bianco, in funzione del tipo di applicazione. I loro campi di applicazione sono numerosi e molti riguardano direttamente la filiera alimentare: la lubrificazione di macchine agricole e industriali, gli inchiostri da stampa, i materiali di imballaggio… Proprio questi utilizzi rappresentano i punti in cui gli oli minerali possono entrare in contatto con gli alimenti, contaminandoli. Gli oli minerali sono identificati genericamente con l’acronimo MOH, che indica l’insieme degli idrocarburi di origine minerale, e vengono divisi in due grandi gruppi, i MOSH e i MOAH.

I MOSH (Mineral Oil Saturated Hydrocarbon) sono oli minerali a base di idrocarburi saturi, costituiti da catene alifatiche (lineari) o composti ciclici (ad anello). I MOAH (Mineral Oil Aromatic Hydrocarbon) sono invece a base di idrocarburi aromatici, principalmente costituiti da composti policiclici alchilati. Sono questi ultimi a destare maggiore preoccupazione quando entrano come contaminanti nella filiera alimentare. 

Un problema noto da tempo

I problemi di sicurezza relativi alla contaminazione degli alimenti da parte degli oli minerali che entrano nella filiera sono noti almeno dal 2009, quando un laboratorio svizzero ne identificò la presenza in un campione di riso che era stato conservato in una confezione di cartone per 8 mesi. La Comunità Europea ha quindi dato mandato all’EFSA di realizzare un’indagine relativa all’attuale presenza di oli minerali negli alimenti e di valutarne, conseguentemente, la tossicità. EFSA a partire dal 2012 ha effettuato un monitoraggio sulla presenza di MOH e sulla loro tossicologia, ricavandone un parere ufficiale che concludeva che il potenziale impatto sulla salute derivante dai MOH varia sensibilmente, che i MOAH possono agire da cancerogeni genotossici e che alcuni MOSH possono accumularsi nei tessuti umani e provocare effetti avversi sul fegato. Non furono notati però effetti acuti di alcun tipo. In considerazione del parere dell’EFSA, la Commissione europea ha emesso la Raccomandazione (UE) 2017/84 sul monitoraggio degli idrocarburi di oli minerali nei prodotti alimentari e nei materiali e negli oggetti destinati a venire a contatto con prodotti alimentari, che auspicava il coinvolgimento attivo degli operatori del settore alimentare e degli addetti alla produzione, alla lavorazione e alla distribuzione di materiali a contatto con gli alimenti.

Nel 2019 L’EFSA ha effettuato una valutazione rapida dei possibili rischi per la salute pubblica dopo il rinvenimento di MOAH in alcuni lotti di alimenti per lattanti e di latti di proseguimento in Francia, Germania e Paesi Bassi. L’EFSA ha concluso che l’esposizione di lattanti e bambini piccoli ai MOAH in tali alimenti può essere fonte di preoccupazione per la salute umana. Nel dicembre 2021 un’associazione consumeristica tedesca aveva condotto un’analisi dei prodotti presenti sullo scaffale per determinare il tenore di oli minerali presenti. Avendo chiesto a un’azienda interessata alcuni chiarimenti in merito alle risultanze delle analisi, che non sono arrivati, l’associazione si rivolta direttamente alla CE segnalando il problema. A seguito delle nuove indagini è stata pubblicato nel mese di settembre un parere scientifico aggiornato. 

Iter legislativo in divenire

La pubblicazione del parere EFSA dovrebbe portare alla redazione di una norma per fissare dei limiti alla presenza di residui di oli minerali negli alimenti. EFSA, infatti, è un organismo scientifico, non legislativo, e il suo compito consiste nell’effettuare delle valutazioni tossicologiche, non di indicare i limiti di legge, che è compito della Commissione Europea. Ma non sarebbe corretto dire che nel frattempo la materia non è per nulla regolamentata. Infatti nel 2022 il Comitato Permanente per la Sicurezza Alimentare della Commissione Europea (cd Scopaff) ha pubblicato uno Statement in cui gli Stati membri dell’UE hanno concordato dei limiti massimi per i MOAH per differenti prodotti alimentari. Questo documento, di fatto, ha valore cogente.

Le fonti di contaminazione degli alimenti

Gli oli minerali possono entrare in contatto con gli alimenti in vari modi: per contaminazione dell’ambiente, attraverso l’uso come lubrificanti nei macchinari da produzione alimentare, come agenti distaccanti da stampi, come coadiuvanti tecnologici, additivi alimentari o per mangimi, e per migrazione dai materiali a contatto. Normalmente l’industria alimentare utilizza oli minerali bianchi (food grade, <1% MOAH) idonei al contatto diretto con l’alimento, oppure di “grado tecnico” idonei per il contatto diretto con circa 50% MOAH. L’espressione food grade non significa però che il prodotto è idoneo per il consumo umano, ma che può accidentalmente entrare in contatto con gli alimenti.

Gli alimenti a rischio

Tra gli alimenti interessati da rischi sostanziali di contaminazione vi sono riso, farine di cereali, i cereali, i prodotti del cioccolato, le spezie, grassi ed oli ed eventuali prodotti lavorati derivati da queste categorie. Una caratteristica importante per il profilo di rischio è la volatilità dei composti a minor peso molecolare, impiegati anche nell’imballaggio alimentare. Questi possono migrare dall’imballaggio evaporando e ricondensandosi poi sul contenuto e sembra che ciò possa avvenire anche in presenza di barriere di plastica. Questo problema si riscontra anche nel caso di imballaggi secondari a base cellulosica. “Per questo motivo – ha spiegato Lanfranco Conte (Accademia dei Georgofili, Società Italiana Studio Sostanze Grasse) – è vietato l’uso di carta e cartone riciclato negli imballaggi alimentari, anche se tale divieto viene a volte disatteso, basti pensare ai cartoni per la pizza da asporto. Molti imballaggi sono praticamente dei sandwich in cui negli strati interni viene impiegato materiale cellulosico proveniente da riciclo. Eventuali contaminanti di oli minerali presenti in questo strato possono migrare con facilità: spesso neppure un imballaggio interno primario in plastica riesce a fermare la migrazione”. 

Biolubrificanti: un’alternativa sostenibile, ma costosa

Se gli oli minerali possono rappresentare un possibile contaminante degli alimenti e se la loro assunzione può comportare un potenziale pericolo per la salute umana, una alternativa può essere rappresentata dai biolubrificanti, fluidi costituiti da molecole di acidi grassi di origine vegetale, legati mediante un legame estere ad un sostituente alcolico o polialcolico. “Il consumo mondiale annuale di lubrificanti – ha spiegato Paolo Bondioli, dell’Accademia dei Georgofili, Società Italiana Studio Sostanze Grasse – è intorno ai 40 milioni di tonnellate, di cui 5 in Europa. I biolubrificanti sono una nicchia in crescita, che è passata in Europa dalle 100.000 tonnellate/anno del 2014 alle 400.000 del 2020, rispettivamente il 2% e l’8% del mercato europeo. A livello mondiale si prevede che il mercato dei lubrificanti a base vegetale svilupperà un giro d’affari di 3 miliardi di dollari, che dovrebbe arrivare a 4 nel 2033”.

di Elena Consonni

 

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