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Detergenza professionale: la sfida della transizione ecologica

Le aziende del comparto sono chiamate ad affrontare il futuro impostando fin da ora una vera e propria strategia climatica, innestando azioni rispettose dell’ambiente non solo nell’ambito del marketing e della comunicazione –ma soprattutto a livello di produzione, business e presenza sul mercato. Se ne è parlato al convegno organizzato con successo da AFIDAMP durante la manifestazione H3i

Uno degli aspetti più importanti, anche se meno conclamati della cosiddetta “transizione sostenibile” alla quale è chiamato anche il nostro settore economico, è rappresentato dagli investimenti in tecnologia e ricerca: si tratta di una strategia essenziale per rendere qualsiasi attività produttiva più sostenibile ed efficiente. Investire in questo campo consente certamente di accrescere il valore dei prodotti e dei servizi offerti in termini di qualità, sicurezza ed efficacia. Questa strada maestra, per fortuna, è stata imboccata già da tempo in Italia nel settore della detergenza professionale che, grazie all’adesione massiccia delle nostre aziende alla Certificazione Ecolabel – Ecolabel UE, consente oggi al nostro Paese di porsi di gran lunga all’assoluta avanguardia in ambito europeo, ponendolo così in una condizione di privilegio rispetto alla concorrenza, assai utile per affrontare abbastanza serenamente gli ulteriori salti di qualità richiesti dalle normative sempre più stringenti dell’Unione Europea.

È emerso anche questo ed altro, durante l’interessante convegno sul tema “La strategia climatica della detergenza professionale per vincere la sfida della transizione ecologica”, organizzato con successo da AFIDAMP svoltosi giovedì 6 marzo presso l’NH Centro Congressi di Assago Milanofiori durante la manifestazione H3i. L’evento dedicato alle materie prime, ingredienti, formulazioni e servizi utilizzati nella realizzazione di prodotti per la pulizia per uso domestico, industriale e istituzionale, che si è tenuto il 5-6 marzo, ha riscosso un buon numero di visitatori ed espositori.

SERVE UNA STRATEGIA CLIMATICA

Il quadro emerso dai vari contributi è risultato positivo, anche se non privo di preoccupazioni, espresse in più d’una occasione da Marino – anche riguardo agli spazi che verranno destinati ai dati della certificazione ecologica sull’etichetta dei detergenti, che già adesso risultano esigui. Il rappresentante di AFIDAMP, in rappresentanza dei produttori, chiamati a far fronte in tempi abbastanza ravvicinati ai nuovi regolamenti stabiliti alla detergenza dall’UE, pur esprimendo adesione convinta al percorso intrapreso, si è fatto giustamente portavoce di altri nodi da sciogliere. Oggi, in sostanza, le aziende sono chiamate ad affrontare il futuro impostando fin da ora una vera e propria strategia climatica, innestando azioni rispettose dell’ambiente non solo nell’ambito del marketing e della comunicazione – come fatto finora, almeno nella maggioranza dei casi – ma soprattutto a livello di produzione, business e presenza sul mercato. La strategia climatica non è infatti un elemento a sé stante, bensì parte del progetto di crescita di ogni azienda. Azioni che richiedono, come ha sottolineato Danilo Sartori di Corepla, l’impegno di tutti in un attento gioco di squadra che, nel caso del riciclo e anche del riuso dei contenitori, deve partire dal design e dalla progettazione, migliorando proprio la fase di raccolta. Azioni che rispondo al Green Deal Europeo e nelle quali il nostro Paese è sempre virtuoso.

L’ECODESIGN DEI PRODOTTI

Fondamentale è che le aziende comprendano quali siano le modalità per procedere, mettendo le basi per costruire strategie misurabili, come ha sottolineato Nicola Fabbri di Ergo, ragionando da subito in un’ottica di sostenibilità, ripensando l’ecodesign dei prodotti e progettando tutte le attività aziendali verso un nuovo schema green. La transizione ecologica, come ha spiegato, è un percorso di lunga durata, che richiede anzitutto lo sviluppo di energie da fonti rinnovabili, un efficientamento energetico addizionale, la creazione dei modelli di circolarità e innovazione tecnologica oltre le BAT. Senza contare il costante monitoraggio e la valutazione tramite certificazioni, disclosure anche tramite questionari, governance e supply chain engagement. Si tratta di un percorso che richiede tempo e investimenti che devono anch’essi essere sostenibili. Dunque una strada non priva di incognite che comporta tanti necessari e delicati passaggi con l’implementazione di regolamenti al proprio interno e, soprattutto, controllo e attenzione sul risultato di ogni singola tappa. Fabbri si è soffermato sull’ESPR, il futuro passaporto UE che: fornirà informazioni circa la sostenibilità ambientale del prodotto; aiuterà consumatori ed aziende nel prendere decisioni consapevoli all’atto di acquisto dei prodotti; faciliterà il riparo e il riciclo dei prodotti; migliorerà la trasparenza sugli impatti ambientali dell’intero ciclo di vita dei prodotti; aiuterà le autorità pubbliche negli accertamenti e nei controlli. Il documento, peraltro, non sostituirà le etichette energetiche e le informazioni potranno essere presentate anche sotto forma di “classi di prestazione” (ad esempio da A a G), da riportare eventualmente su un’etichetta, in modo da facilitare il confronto tra prodotti (ad esempio per dare indicazioni sulla reperibilità del prodotto stesso). Come dicevamo in apertura, parecchi passi avanti sono stati già fatti in Italia, in particolare grazie ai CAM.

ETICHETTA ECOLABEL

Il nostro Paese è molto avanti sul tema del riciclo e anche sul fronte Ecolabel l’Italia si distingue. Lo hanno detto a chiare lettere, supportati da dati e statistiche inoppugnabili Piera Pellegrino e Domenico Zuccaro di Ispra. Basti pensare che sono attualmente già 464 le aziende (su un totale di 2000 a livello europeo) che hanno almeno un prodotto certificato Ecolabel. I due strumenti insieme, CAM ed Ecolabel, segnano quindi la rotta verso quella che è una transizione delle imprese in chiave ecologica. In particolare Zuccaro, mettendo in risalto anche lo specifico impegno italiano, anch’esso all’avanguardia europea, verso il green contenuto nei CAM in attuazione del GPP e degli acquisti verdi, ha posto in risalto l’importanza dei sette criteri obbligatori relativi ai servizi di pulizia: uso minimo di prodotti detergenti Ecolabel UE/ISO1, dosaggio dei detergenti, uso minimo di prodotti in microfibra, formazione del personale, rudimenti di un sistema di gestione ambientale, raccolta differenziata presso i locali del richiedente, utilizzo del logo. Cesare Buffone di Punto 3, ha messo l’accento sull’importanza della progettazione eco-compatibile che implica l’integrazione di valutazioni ambientali all’interno del processo di sviluppo dei prodotti. Sono per fortuna molte le industrie che già hanno preso questa direzione, dato che i tempi di sviluppo non sono brevi. Secondo uno studio relativo all’anno 2023 (fonte: Mid Market Climate Transition Barometer), l’11% delle aziende su un campione di 700 ha già iniziato a sviluppare strategie per la sostenibilità e la diminuzione del loro impatto ambientale. La strategia climatica deve inoltre aiutare le aziende a ridurre la propria impronta di carbonio e a compensare le emissioni che non è stato possibile evitare, adattando la propria modalità di produzione e di presenza sul mercato. Ripensare i processi produttivi in funzione green rappresenta, dunque, una sorta di sfida nella sfida, che investe ogni singola fase del percorso: da quello spiccatamente produttivo alla distribuzione, per ridurre concretamente l’impatto della CO2, dalla logistica (avvicinamento fornitori), al tipo di imballaggio primario (uso di imballaggi riciclati), fino all’energia che alimenta l’impianto (installazione del fotovoltaico).

Maurizio Pedrini

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