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Una rondine non fa primavera ma… una zanzara fa infestazione

Nell’universo di resoconti di disinfestazioni dagli ottimi risultati propongo un problema di cui non riesco a trovare una soluzione ottimale anche dal punto di vista organizzativo ed economico

Una rondine non fa primavera ma…. una zanzara fa infestazione! Così recitava un funzionario delle terme euganee decenni or sono. E in una situazione assai particolare pochi giorni or sono ne ho avuto conferma. Tutto è cominciato una mattina piovosa in cui un camion della raccolta differenziata del biologico, alla cui guida c’era un pilota quanto mai estroso, avendo scordato di raccogliere un sacchetto di umido, in retromarcia contromano in un senso unico, mi ha letteralmente travolto. Il risultato è stato che nella collisione ho avuto la peggio, con ricovero in codice rosso in un ospedale ove la lega dei Comuni lombardi sconfisse il Barbarossa il 29 maggio 1176. Aggiungo che durante la manifestazione bolognese Pestmed qualche collega avanzò il dubbio che mi avesse scambiato per un residuo organico da rottamare, i soliti “amici” burloni.

La struttura ospedaliera in sintesi (tanto per renderci conto delle “dimensioni” della realtà di cui parlo).
I parametri che riporto non sono esaustivi, vogliono dare un’idea, in prima approssimazione, delle dimensioni di un presidio ospedaliero; naturalmente è possibile, a livello metodologico, adattarla a qualsiasi contesto di cui l’ars disinfestandi dovrà occuparsi.
Posti letto ≈ 550-600
Numero dei ricoveri annui ≈ 25.000 ≥ 30.000 (come se l’intera popolazione di una città, ad es. Aosta, fosse ospitata dalla struttura sanitaria nell’arco dell’anno!).
Numero di impiegati ≤ 2.000 (in Italia non pochi comuni hanno una popolazione inferiore al numero di addetti alla struttura che mi ha ospitato).
Curiosità Verso la fine del 1800 il risultato della sottoscrizione pubblica per la realizzazione della struttura fu di 1.000 lire, somma ancora molto bassa rispetto a quella necessaria, ma sufficiente per aprire un libretto presso la Cassa di Risparmio.
NB: date le mie condizioni non ho potuto valutare la pressione di infestazione a cui il presidio ospedaliero fosse soggetto, ma la sensazione del grado di igiene è stata positiva. 
Ringraziamenti: ascoltando uno sfogo di una infermiera che sottolineava il fatto che le critiche sono all’ordine del giorno mentre i ringraziamenti sono assai rari credo giusto sottolineare che la mia esperienza è stata davvero positiva, in effetti sono stato assistito con garbo e professionalità. E quando non ti puoi muovere e ogni movimento è una stilettata la cosa è decisamente apprezzata.

L’infestazione

Ma torniamo all’ars disinfestandi: dopo tre giorni dal ricovero esattamente il 28 febbraio 2024 il mio compagno di stanza ed io fummo disturbati da un fastidioso ronzio e, la mattina dopo, osservammo tre zanzare appoggiate alle pareti che beatamente stavano riposando. Mentre sulla nostra epidermide facevano bella mostra i classici piccoli ponfi del “pasto di sangue”. Aggiungo che quelle “bestiacce” avevano preso di mira i miei padiglioni auricolari che protestavano con un fastidioso prurito. 

Osservazioni

Essendo praticamente immobilizzato in un letto (sia pure ultra tecnologico) le poche osservazioni che ho potuto fare erano:

  • Attività pungente dalle 21 in poi (quindi si tratta di zanzare del genere Culex e con buona probabilità di C. pipiens molestus.
  • Posizione di riposo tipicamente da culicide (corpo parallelo alla superficie di appoggio e, data l’ora di attività è da escludere trattarsi di Aedes sp.).

Una cosa mi ha colpito: pensando che le “maledette” dopo il loro pasto di sangue ci avrebbero lasciato in pace dedicandosi alla maturazione degli embrioni e alla successiva ovideposizione, invece no! Per tre sere le maledette si ripresentarono più arzille che mai. Mi sono anche chiesto dove si fosse svolto il volo nuziale oppure si trattava di femmine diapausanti risvegliate dall’approssimarsi della primavera? Ma in tal caso non avrebbero dovuto già essere in fase di ovo-deposizione, o no? Sia come sia il problema si è ripresentato per tre sere per poi scomparire.

L’ambiente

Le stanze erano e sono condizionate per cui le finestre risultano a chiusura ermetica. Alle nostre domande le infermiere allargavano le braccia rassegnate dicendo che il problema era circoscritto inspiegabilmente a solo alcuni ambienti. Certo la struttura non è a chiusura ermetica per cui non si possono escludere incursioni dall’esterno, ma vi sono aspetti non facili da interpretare, primo fra tutti che il fenomeno non è generalizzato.

Riassumendo

Evitando di analizzare i rischi igienici-sanitari legati alle punture delle zanzare dandoli per noti sia dal punto di vista del “pericolo” sia del “rischio” e cerco di riassumere i dati salienti, per lo meno quelli che sono riuscito a raccogliere nei giorni della mia degenza:

  1. Le zanzare si notano in genere solo in alcuni ambienti
  2. la presenza si limita a qualche sera
  3. gli orari di attività e la posizione di riposo le identificano nel genere Culex
  4. nel mio andare per corridoi verso il reparto di radiologia non ho notato aree di ovo-deposizione 
  5. parlando con il personale e con altri degenti non ho raccolto lamentazioni di particolare intensità
  6. non ho notizie sulla lotta larvicida in essere, ma che do per scontata

Ipotesi per cercare di risolvere il problema

L’unica esperienza al mio attivo che ha qualche analogia con quanto ho descritto risale a molti anni fa. Tanto per capirci prima dell’avvento della zanzara tigre.

Riguarda un ospedale in fase di ristrutturazione privo di aria condizionata e con ampi spazi a verde e in un ambiente con una forte pressione di infestazione zanzarifera.

In quel contesto le zanzare furono classificate come Culex pipiens molestus (≈90%), C. modestus [classificazione incerta, che avrebbe dovuto essere confermata, ma che poi non fu fatta (≈ 5%)], Aedes caspius [specie censita anche da altre indagini territoriali; da notare che non vi erano segnalazioni di punture pomeridiane (≈ 5%)].

Inoltre la presenza di zanzare era generalizzata e continua da maggio a settembre.

Il problema è stato attenuato in modo ritenuto soddisfacente su 4 linee di interventi:

  1. revisionando tutte le zanzariere (il 60% risultarono strappate, non a tenuta e quindi inefficaci);
  2. cercando di tenere le porte di accesso chiuse e applicando para spifferi;
  3. censendo con scrupolo tutta la rete idrica rendendo così più efficace la lotta larvicida;
  4. utilizzando 4 trappole: due elettro luminose ad aspirazione e due a CO2 e posizionandole a rotazione nei vari reparti.

Conclusioni 

Pur consapevole che i dati forniti sono inadeguati alla bisogna è possibile avanzare delle ipotesi con un ragionevole rapporto costo/beneficio/sicurezza? Personalmente, a livello metodologico, proporrei di rivedere la lotta larvicida in atto, di usare, a rotazione, qualche trappola delle ultime generazioni e valutare criticamente quanto viene realizzato nella lotta alle zanzare nel territorio comunale circostante.

Mi sento inoltre di suggerire la lettura del supplemento di Dimensione Pulito di gennaio/febbraio 2024 Servizi Ambientali da cui ricavare spunti operativi e notizie sulle ultime risorse tecniche offerte dalle industrie del settore nella lotta alle zanzare.

Mi è stato anche suggerito di consultare, data la complessità entomologica della materia, le seguenti pubblicazioni (cosa che farò in un prossimo futuro, ma nulla osta di consultarle ai cultori dell’Ars disinfestandi che mi leggono):

  • The Culex pipiens complex in Germany.
  • The investigation of hibernating members   from  Culex pipiens complex in Germany.

Graziano Dassi

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